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Editoriale OCSE 2009

(OCSE= Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, in italiano; OECD in inglese, OCDE in francese)

 

 

 

 

Riportiamo integralmente il testo dell’editoriale redatto dal presidente e vicepresidente dell’OCSE e premesso al rapporto biennale sulle pensioni riferito al 2009, quindi tutti i riferimenti temporali sono da intendere come fotografia di quel periodo. Il quadro documentato e argomentato del fallimento dei sistemi pensionistici privati,è eclatante e terrificante per tutte le 305 pagine che compongono il rapporto. L’editoriale di John P. Martin e Martine Durand riflette e riassume bene questo clamoroso fallimento.

Per questo la conclusione dell’editoriale risulta penosa e irresponsabile, quando si invitano i governi a voler ripristinare la perduta fiducia e credibilità dei Fondi pensione. L’unico argomento che si potrebbe addurre a giustificazione del loro invito, è che il 2009 costituiva l’apice di una crisi finanziaria che stava diventando economica e strutturale … ma questo casomai è un ulteriore motivo di allarme per chi come noi,

dietro i sistemi pensionistici, vede i milioni di lavoratori che hanno risparmiato una vita per le loro pensioni.

Cobas dei pensionati – Roma

 

“Le pensions dans les pays” - OCSE 2009

Panorama dei sistemi pensionistici

Editoriale: Le pensioni di fronte alla crisi

Le cifre sono impressionanti. A causa della crisi finanziaria, i fondi pensione nel 2008 hanno visto crollare del 23% il valore dei loro investimenti, ossia hanno perso in totale nei paesi OCSE circa 5.400 miliardi di dollari.

I mercati azionari hanno continuato a cadere fino al -6,4%, prima di stabilizzarsi a metà del 2009 (21 Maggio 2009) rispetto all'inizio dell’anno. Le ultime proiezioni dell'OCSE indicano che per tutta l'area la produzione potrebbe ridursi del 4,3% nel 2009 e il recupero non è previsto prima del 2011.

Il tasso di disoccupazione, che ha raggiunto nella zona OCSE il suo punto più basso nel 2007 (5,6%), potrebbe raggiungere il 9,9% nel 2010. Così quella che in origine era una crisi finanziaria oggi è diventata una crisi economica e sociale.

I regimi pensionistici privati hanno subìto una sferzata a causa della recessione nei valori delle azioni e dei titoli immobiliari. I paesi più colpiti sono ovviamente quelli dove le pensioni private svolgono un ruolo importante nei sistemi pensionistici, come Australia, Stati Uniti e Paesi Bassi. Tuttavia, nessun paese, nessun sistema pensionistico è immune da crisi. I regimi pensionistici pubblici dovranno affrontare difficoltà finanziarie, nella misura in cui le entrate da contributi sociali diminuiranno a causa della crescita della disoccupazione e delle spese di redistribuzione per compensare le pensioni più basse.

Inoltre, quando esistono, anche i fondi di riserva per le pensioni hanno subìto perdite sui loro investimenti.
In alcuni paesi, come si è visto di recente in Irlanda e Norvegia, questi fondi sono stati utilizzati per ricapitalizzare le banche e per finanziare programmi di opere pubbliche nel quadro delle politiche attuate per rispondere alla crisi.

Molte sono le persone che hanno perso una parte significativa dei loro risparmi previdenziali investiti in Fondi pensione o altre attività finanziarie. La situazione è particolarmente grave per i lavoratori più anziani: non solo in caso di licenziamento incontrano difficoltà nel trovare un nuovo lavoro, ma hanno poi poco tempo perché i loro risparmi previdenziali possano ricostruire un congruo monte pensionistico per le loro pensioni.

I redditi da risparmio, incluse le pensioni private, rappresentano in media un quarto dei redditi dei pensionati dei paesi OCSE, in sette di loro raggiungono oltre il 40%. Le perdite in questi anni comporteranno un aumento della povertà tra i pensionati?

Molti paesi OCSE hanno programmi di assistenza sociale: "Stabilizzatori sociali automatici" che mitigano l'impatto sul reddito complessivo dei pensionati dovuto alle perdite su investimenti finanziari.

Così, a determinate condizioni, vengono dati benefici a persone le cui pensioni sono scese sotto una certa soglia. In alcuni paesi, tuttavia, le reti sociali per persone anziane potrebbero non essere sufficienti visto il crollo dei redditi da risparmio privato. In alcune circostanze, pertanto, può essere necessario rafforzare temporaneamente le misure di protezione sociale per superare la crisi attuale.

Nell’immediato le pressioni politiche, esercitate sulle autorità pubbliche per portare un sollievo immediato agli effetti della crisi, sono forti e vanno ben al di là della prevenzione della povertà degli anziani. Nella situazione attuale, il pericolo è chiaramente che le autorità siano tentate di far scivolare la disoccupazione degli anziani verso il regime di assicurazione di invalidità a lungo termine, o di reintrodurre misure di prepensionamento.

L'esperienza dimostra che una volta realizzati, è molto difficile rimuovere questi dispositivi che gravano pesantemente sulle finanze pubbliche.

Tali misure invierebbero un segnale sbagliato e costituirebbero una sconfitta per l'obiettivo di aumentare l'età effettiva di pensionamento necessaria per compensare gli effetti dell'invecchiamento della popolazione. Finora, i paesi, tuttavia, hanno resistito a queste pressioni.

La crisi ha rafforzato l'idea che la riforma è necessaria sia per i sistemi pensionistici pubblici che per i privati. La priorità va data ad un attento riesame dei sistemi pensionistici pubblici, per garantire una protezione efficace contro la povertà, oggi e domani.

In alcuni paesi, la crisi ha fatto emergere che le reti di sicurezza sociale sono stati molto insufficienti e che il tasso di povertà è cresciuto tra gli anziani.

Molti paesi hanno introdotto meccanismi per la regolazione automatica delle pensioni collegando la spesa ai tipi di pensione, alle speranza di vita, all’importo dei salari o alle riserve attive dei fondi. Questi meccanismi sono stati progettati in epoche di crescita economica stabile. Essi hanno dimostrato di essere pro-cicliche durante i periodi di recessione. La loro rigida applicazione costringerebbe alcuni paesi a ridurre le pensioni, anche in termini nominali in alcuni casi. I governi dovrebbero quindi considerare la possibilità di adeguare le regole di questi meccanismi, o la loro sospensione temporanea per riavviare l'attività economica o, preferibilmente, applicarli selettivamente a favore dei gruppi di pensionati più vulnerabili.

La fiducia nella previdenza privata è stato erosa dalla crisi. In diversi paesi dell'OCSE ci sono voci sempre più a favore dell’abbandono dei regimi misti dei sistemi pensionistici e il ripristino di un esclusivo sistema pensionistico pubblico a ripartizione. In Slovacchia, ad esempio, i lavoratori iscritti al nuovo dispositivo del sistema pensionistico a contribuzione definita sono stati autorizzati a ritornare al precedente sistema pubblico a ripartizione.

Altre economie dell'Europa orientale hanno in programma di rivisitare le riforme realizzate. Questi paesi stanno prendendo strade sbagliate. La crisi economica e finanziaria ha deviato l’attenzione dalle problematiche legate all'invecchiamento demografico che attende i sistemi pensionistici. Ma questi problemi non sono scomparsi e dovranno essere risolti rapidamente. Tuttavia, per evitare qualsiasi ritorno al passato, bisognerà ristabilire la fiducia nel risparmio pensionistico privato.

La crisi ha dimostrato anche che è indispensabile cambiare la gestione dei piani pensionistici privati, che è indispensabile una migliore regolamentazione, un'amministrazione più efficiente, una maggiore trasparenza sui rischi e benefici associati alle diverse opzioni, e un bilanciamento automatico verso investimenti meno rischiosi quando si avvicina l'età della pensione.

Se le autorità di governo non riescono a dimostrare in modo convincente la solidità dei sistemi di pensionamento diversificati che combinano elementi pubblici e privati, a ripartizione e a capitalizzazione, collettivi e individuali, gli sforzi che sono stati compiuti nel corso degli ultimi anni per mantenere la prosperità delle società che invecchiano rischiano di venire annullati.

John P. Martin (Direttore) , e

Martine Durand (Vicedirettore)

OCSE Direzione per l'Occupazione

Lavoro e Affari sociali