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Pres. Rubrica e art.1

Rubrica:

La pensione se non è pubblica non è pensione

Cominciamo da questo numero questa rubrica che con continuità, numero dopo numero, vuole documentare puntualmente ciò che avviene nel mondo di quei PRODOTTI FINANZIARI che in forma diretta e sfacciata o in forma allusiva e indiretta vogliono apparire come forme di “pensione private”,” pensioni integrative”, “pensioni complementari”,” secondo pilastro pensionistico”, ecc.

Questa documentazione ci sembra indispensabile per riflettere ed aggiornare le nostre idee intorno al nostro sistema previdenziale e pensionistico che sta suscitando nei governi e nel patronato desideri ingordi che mettono a rischio le pensioni pubbliche sia sostituendole con prodotti finanziari privati sia tentando una privatizzazione dello stesso sistema pensionistico pubblico.

Sarebbe utile che i nostri lettori si impegnassero a raccontare, come sanno e come possono, le loro esperienze dirette o esperienze di parenti amici o conoscenti che siano incappati nelle maglie di questa rete sempre più fitta di prodotti finanziari spesso spacciati per pubblici o per garantiti e che si rivelano spesso per i lavoratori delle fregature o comunque dei pessimi affari.

(Per eventuali storie, racconti, o notizie inviare al responsabile della rubrica Piero Castello presso Cobas,Viale Manzoni 55, 00185 Roma)

Come spesso succede e succederà in seguito le informazioni su cui basiamo le nostre considerazioni hanno come fonte la stampa specializzata che in quanto tale è sempre stampa di parte, dalla parte dei prodotti finanziari, quindi sempre intenta a minimizzare i danni per i lavoratori, ed esaltare qualche esito positivo, anche se raro ed assolutamente temporaneo. Il compito, non facile, di chi scrive e dei lettori è quello di leggere dentro ed oltre i dati che vengono forniti per capire che succede ai lavoratori, che hanno affidato i loro risparmi a soggetti che nel migliore dei casi fanno parte di una casta di parassiti che vive a spese dei lavoratori.

Per questo numero i dati fanno riferimento al supplemento settimanale del “il sole 24 Ore”: Plus 24 del 18 luglio 2009 alla rubrica “Analisi e approfondimenti”

ASTRI:

UN FONDO PENSIONE NEGOZIALE (COTRATTUALE, SINDACALE, CHIUSO) PER I DIPENDENTI DEL SETTORE AUTOSTRADE, STRADE, TRASPORTI E INFRASTRUTTURE.

Il fondo Astri è il fondo chiuso a cui possono aderire i lavoratori dipendenti del settore autostrade, strade, trasporti e infrastrutture. Come tutti i fondi negoziali ha un consiglio di amministrazione elettivo di cui fanno parte soprattutto i sindacalisti dei sindacati firmatari di quello specifico contratto di lavoro. Come tutti i fondi pensione ha una banca nella quale vengono depositati i risparmi dei lavoratori (fino ad ora poco più di 50 milioni di Euro), una Società Gestione Risparmio che fa le scelte dei prodotti finanziari nei quali investire i risparmi dei lavoratori, e se ancora non ce l’ha, ce l’avrà in futuro, una società finanziaria, assicurazione o banca che avrà il compito specifico di erogare gli assegni non appena sarà il momento. Tutto questo popò di gente viene pagato, pagato profumatamente quali che siano gli esiti, con i risparmi dei lavoratori il che è un onere ben più elevato di quanto sia il costo della gestione Inpadap o Inps .

Il Fondo Astri ha due (2) comparti il “Bilanciato” e il “Garantito”. Il lavoratore al monto dell’iscrizione al Fondo deve scegliere tra una di queste due diverse linee di risparmio. Il bilanciato con impegno con titoli a maggior rischio ma con possibilità di rendimento più elevato o il garantito impegnato su titoli meno rischiosi ma senza possibilità di rendimenti elevati (in genere titoli di debito pubblico).

Orbene il titolo della rubrica, sul Sole 24 Ore, recita su 6 colonne.

“DAL LUGLIO 2007 CORRE SOLO LA LINA GARANTITA”

Da questo titolo il lettore è portato a desumere che il comparto “Garantito” è andato abbastanza bene e che dell’altro comparto il “Bilanciato” sia meglio non parlarne. È andato male. Queste deduzioni sono sostanzialmente giuste infatti il bilanciato in 3 anni e mezzo ha avuto un rendimento del 5,6%, ma nello stesso periodo il TFR ha avuto un rendimento dell’8,3% quindi non c’è da aver dubbi chi ha destinato il TFR a questo comparto ci ha rimesso abbondantemente. Il comparto “garantito”, istituito nel 2007, dal luglio 2007 a maggio 2009, ha avuto un rendimento del 6,4% a fronte di un TFR che nello stesso periodo ha avuto il rendimento del 3,6%. E’ indubbio che il comparo “garantito” ha reso di più del TFR.

Ma a leggere bene si capisce che il periodo preso in considerazione è troppo breve per avere significato i fini pensionistici che devono essere valutati su un arco di tempo di 30/40 anni. Ma soprattutto leggendo tutto si scopre che al comparto più favorevole aderisce soltanto il 6% dei lavoratori; mentre al comparto perdente ha aderito ben il 94% dei lavoratori. Adesso si capisce che il titolo con la sua mezza verità, nasconde una vera fregatura per l’insieme dei lavoratori che hanno mollato il loro TFR.

Un chiarimento sostanziale ed importantissimo per i lavoratori è quello relativo alla parola “garantito”. Da due anni a questa parte tutti i fondi pensioni hanno un comparto (una linea di risparmio), definito “garantito”. Ora è evidente che questa parola ha un significato certo ed è evocatore della principale caratteristica del TFR che appunto, è garantito nell’importo del capitale versato ed è anche garantito nella misura del rendimento e copertura dall’inflazione: 1,5% annuo più il 75% de tasso di inflazione registrato dall’ISTAT.

Ora “Consultique” la società che cura la rubrica per il Sole 24 ore definisce la garanzia del comparto “garantito” nel seguente modo: “ Il garantito assicura all’associato, in caso di realizzo di determinati eventi previsti dalla normativa, la rivalutazione annua della posizione individuale al tasso del TFR”

Il che significa proprio che non è garantito nemmeno un fico secco, infatti proprio come dice la legge e i relativi statuti di ciascuno dei fondi pensioni cosiddetti garantiti, tutti cercheranno, in buona fede naturalmente, di raggiungere la redditività del TFR se poi il mercato non lo consente, pazienza, se le spese per mantenere le squadre di gestori, banchieri e analisti sono alte….pazienza ..saranno sempre i lavoratori e solo loro a pagare la differenza “è il mercato Bellezza!!!” direbbe Unphry Bogart.

Piero Castello

Pensionato Cobas